Se fosse più larga e non fosse in gran parte a senso unico, potrebbe essere una delle strade che dalla periferia e dalla tangenziale portano in centro. Oltre tutto ha un tratto davvero difficile da percorrere, cioè il vecchio viadotto sotto la ferrovia, stretto e basso, dove i pedoni devono procedere in fila indiana e non tutti i veicoli possono transitare.
Ricordo che un giorno, proprio lì sotto, si impiantò un motocarro stracarico di fieno. Il conducente non riusciva a farlo ripartire. Dietro si era fermata una Seicento Multipla con le ruote cerchiate di bianco. L’uomo che la guidava non si mise a sbraitare o a suonare il clacson, non esibì il dito medio magari con tanto di parolacce all’americana. Scese dalla sua vetturetta e aiutò a spingere il motocarro. Ma erano altri tempi, quando la gente non era migliore, ma senz’altro più tranquilla, meno stressata e più educata.
La via Carducci è piuttosto anonima, direi quasi squallida. Non ha negozi e risulta animata solo in prossimità dell’incrocio con via Nazario Sauro, dove fino a un po’ di tempo fa c’era l’Istituto Magistrale. Quell’incrocio è il punto più bello della strada: in uno dei suoi angoli sorge l’antica villa Tirinzoni, difronte c’è il cortiletto della scuola materna e sull’angolo a est un’altra vecchia villa circondata da piante sempreverdi. Nei tempi passati, quello era veramente un punto critico, animato e trafficato. All’una uscivano gli studenti delle magistrali, che erano tanti, vociavano, si affrettavano verso la stazione e attraversavano la via Nazario Sauro, rallentando o addirittura bloccando i camion della Levissima.
Da ragazzino percorrevo spesso la via Carducci nel tratto superiore, dove ora si affaccia il “Pio XII”. Passavo di lì per andare verso la zona di San Rocco, all’oratorio o da mia zia Alma. Quindi era per me un semplice luogo di transito, quasi sempre in ombra, niente affatto affollato, il cui silenzio veniva rotto ogni tanto dal rombo di una motocicletta o dal ronzio di un’autovettura.
Solo una volta, nel ’68, mi trovai ad avere impegni in via Carducci. Erano gli appuntamenti con il professor A., che mi dava alcune lezioni di latino in preparazione della maturità. Aveva problemi di vista e mi aiutava a concentrarmi sulla versione, utilizzando un mozzicone di matita, con la quale sottolineava tutti i verbi e suddivideva le frasi con delle stanghette. Dalla finestra spalancata (era il mese di maggio), non venivano forti rumori da quella appartata via Carducci.
Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica “Bozzetti sondriesi”.