Si è tenuto ieri, lunedì 24 febbraio, l’incontro d’insediamento del tavolo permanente interministeriale sul lavoro frontaliero, previsto con legge 83/23 e coordinato dal ministero del lavoro (MILAV), con la presenza dei ministeri dell’economia (MEF) e degli esteri (MAECI).
Sono intervenuti i rappresentanti delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil e i componenti designati delle amministrazioni locali delle aree di confine italo-svizzere, da cui il tavolo, nato a seguito del memorandum d’intesa tra MEF e parti sociali nel dicembre 2020, integrativo del trattato internazionale Italia-Svizzera sottoscritto nella medesima giornata, ha preso forma entrando strutturalmente nella successiva legge approvata all’unanimità del parlamento.
Il primo incontro
Nel primo incontro, si è proceduto con la discussione sul regolamento che ha l’obiettivo di normare l’attività dello stesso nel periodo 2025-2027, in cui è stata evidenziata la necessità di un numero congruo d’incontri all’anno che lo rendano efficace, una modalità di deliberazione delle decisioni assunte che consenta una più larga condivisione delle parti in causa, un chiaro riferimento al testo della legge che si pone l’obiettivo di raggiungere uno statuto dei lavoratori frontalieri in ingresso ed in uscita nei nove Paesi confinanti o limitrofi, pur partendo dal riferimento al fenomeno frontaliero italo svizzero per dimensione e fonte normativa.
I sindacati, unitamente ad altri componenti istituzionali del tavolo, hanno inoltre ricordato che i temi urgenti a cui il tavolo dovrebbe riservare la priorità sono: la soluzione sull’AUUF (assegno unico universale per i figli a carico), l’adozione della nuova NASPI (indennità di disoccupazione nei primi tre mesi) e la rimozione delle cause di doppia imposizione.
La tassa sulla sanità
Proprio su un tema cruciale per i lavoratori frontalieri, quello della cosiddetta “tassa sulla salute”, già alla vigilia del primo incontro del tavolo interministeriale si era espresso Jonny Crosio, referente sondriese di “Patto per il Nord”, con una dura critica al Governo e al Ministro Giancarlo Giorgetti nonché ai sindacati.
“Ma quale tassa sulla salute, prima di mettere nuovamente le mani nelle tasche dei lavoratori frontalieri attraverso un balzello ingiusto e dal dubbio fondamento costituzionale, il ministro Giorgetti si impegni piuttosto a far riemergere dal bilancio dell’Inps i 300 milioni di euro, generati nel corso degli anni dal lavoro dei frontalieri e di cui si sono ormai perse le tracce da tempo -. hanno sottolineato Crosio e Paolo Grimoldi, guida di Patto per il Nord.
Secondo l’associazione la cosiddetta “tassa sulla salute” introdotta nella Legge di Bilancio 2024 che impone un contributo tra il 3% e il 6% ai cosiddetti “vecchi” frontalieri, ovvero coloro che lavorano in Svizzera da prima del 17 luglio 2023 e sono imponibili solo oltre confine, oltre che ingiusta presenta evidenti elementi di incostituzionalità. Una questione peraltro sollevata anche da politici ed esponenti del mondo economico e sociale del Cantone Ticino in risposta alla maldestra richiesta della Regione Lombardia di avere i nominativi dei frontalieri sui quali imporre il balzello. Una situazione assurda cui si è arrivati a causa di molteplici responsabilità.
“Se oggi ci troviamo in questa condizione è colpa innanzitutto del Partito Democratico – punta il dito Crosio -. Fu nel dicembre del 2015 sotto la guida di Matteo Renzi che l’allora Governo di sinistra decise di promuovere la modifica dell’accordo del 1974 attraverso una proposta di legge che trovò subito il sostegno incondizionato dei sindacati, che nel corso del tempo cercarono timidamente di ritrattare e condizionare il nuovo accordo, senza risultati degni di nota. Gli stessi sindacati che oggi hanno l’ardire di ergersi a difesa dei frontalieri. Basta comunque scorrere le cronache di questi anni per trovare conferma su come abbiano sempre assecondato il nuovo accordo. L’iter parlamentare si è poi concluso con la complicità e il benestare di tutti i Governi che si sono succeduti fino all’approvazione finale del 2024”.
Eppure all’inizio dell’iter qualcuno aveva detto «no». “Giova ricordare – sottolinea Grimoldi – che il 9 febbraio del 2016 con una mozione in Parlamento attraverso i gruppi di Camera e Senato, la Lega Nord aveva chiesto al Governo di modificare l’accordo fra Italia-Svizzera con il quale venivano sacrificati lavoratori e territori di confine sull’altare dell’alta finanza. Quella mozione fu sottoscritta e presentata nel corso di una conferenza stampa cui parteciparono Umberto Bossi e lo stesso Giorgetti. Una linea politica purtroppo abbandonata sotto la guida di Matteo Salvini”.
Una linea che Patto per il Nord intende ora portare avanti a difesa dei lavoratori frontalieri ribadendo che “l’accordo del ’74 non avrebbe mai dovuto essere toccato”.
Sul tavolo interministeriale l’associazione intende portare anche la questione dei ristorni ai Comuni di frontiera che fino al 2035 saranno garantiti dai Cantoni svizzeri, ma che poi dovranno arrivare da Roma attraverso un regolamento ancora da scrivere. “Resto diffidente sulla volontà del centralismo romano di regolare la questione – sostiene Crosio -, corriamo il rischio di dover andare a Roma con il cappello in mano a mendicare quello che ci spetta. E allora sarebbe ancora “Roma ladrona”.