Aggrappate al pendio roccioso, le “villette di Colda” sovrastano via Lusardi e il cimitero.
Si cominciò a costruirle verso la fine degli anni ’50. Nei due decenni successivi, già ricoprivano l’intera area dal Convitto fin oltre il bivio con quella stretta strada in salita chiamata via Fabio Besta. Quest’ultima, che appare a primo acchito come una viuzza appartata, è in realtà un prezioso collegamento tra Ponchiera e la Panoramica per Montagna, Poggi e Tresivio. Nel tratto a monte l’hanno allargata, dopo avere frantumato metri cubi di roccia tenace. Ma in quello inferiore ci passa solo un veicolo per volta e gli incroci risultano assai difficoltosi.
La zona è panoramica, non tanto alta, giusto sopra i tetti di quella parte nordorientale della città. Per questo ci hanno costruito delle villette, le quali, a dire il vero, risultano piuttosto “impiccate”, come soleva dire mia madre. Una delle più vecchie, ora quasi abbandonata, fu costruita su quel triangolo acuto di terreno che sta alla confluenza di via Fabio Besta con la Panoramica. Prima di questa costruzione, c’era solo quell’altra, molto più sotto (a valle della strada) che domina il campetto dell’oratorio di San Rocco.
Era il 1969. I miei genitori desideravano vendere l’appartamento di via Nazario Sauro per realizzare qualcosa di nuovo, in tutt’altra zona. Alla fine, entrarono nella cooperativa che fece sorgere il condominio sull’incrocio tra via Aldo Moro e via Vanoni. Ma prima avevano messo gli occhi proprio su una di quelle villette di Colda. Si trattava della dimora di un certo T., offerta per la bella cifra di ventisette milioni. Dalla vendita dell’appartamento, mio padre ne avrebbe ricavato una dozzina. Dove prendere gli altri? Avrebbe di certo acceso un mutuo o qualcosa del genere.
L’idea mi allettava. Avevo vent’anni e mi vedevo già insediato in una casa singola, dal disegno moderno e dalla vista panoramica, appollaiata tra i vigneti terrazzati in uno dei posti più belli di Sondrio.
Se ne fece nulla. Svanì come un sogno di buon mattino.
Ogni volta che passo da quelle parti, rivedo quella casa (oggi ristrutturata) e mi viene in mente mia madre, quando elencava i pro e i contro di quell’idea di acquisto. Certamente l’allettava il pensiero di ritornare a vivere da quelle parti, dove aveva trascorso l’infanzia e l’adolescenza, mentre suo padre (nonno Celso) curava le vigne dei Rota.
Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica “Bozzetti sondriesi”.