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Home » Il lupo non è più una specie “strettamente protetta”
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Il lupo non è più una specie “strettamente protetta”

RedazioneBy Redazione4 Dicembre 2024Nessun commento3 Mins Read
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Il Comitato permanente della Convenzione di Berna ha approvato il declassamento del lupo da specie “strettamente protetta” a “protetta”. Una decisione storica, che riconosce il miglioramento dello stato di conservazione del predatore negli ultimi anni e risponde alle crescenti preoccupazioni legate ai danni provocati agli allevamenti in Europa e Italia. Il provvedimento è stato approvato con 38 voti favorevoli, cinque contrari e due astenuti, aprendo la strada a una revisione della direttiva Habitat e segnando un punto di svolta per la gestione del lupo.

I dati: la crescita della popolazione e i danni

Negli ultimi dieci anni, il numero di lupi in Europa è aumentato dell’81%. Solo in Italia, si stima la presenza di circa 3.600 esemplari, distribuiti principalmente sulle Alpi e nelle aree interne. Secondo i dati ISPRA, negli ultimi anni sono stati registrati quasi 18.000 eventi di predazione, con una media di 8.742 capi di bestiame predati ogni anno.

Le conseguenze economiche sono significative: le Regioni italiane spendono circa 2 milioni di euro all’anno per risarcire i danni, anche se molti episodi non vengono risarciti per limiti burocratici. A livello europeo, la cifra sale a circa 20 milioni di euro. Le specie più colpite sono gli ovicaprini (82% dei casi), seguiti dai bovini (14,2%) e dagli equini (3,2%).

Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, ha evidenziato come questi numeri rappresentino un problema non solo economico, ma anche sociale: “Il proliferare dei lupi ormai va solo gestito. Bisogna costruire un nuovo equilibrio uomo-natura, cruciale per la sostenibilità delle comunità rurali e il futuro della zootecnia”.

Le posizioni politiche e istituzionali

La decisione ha raccolto il plauso di diverse figure politiche e associazioni. In Lombardia, Silvana Snider, consigliere regionale della Lega, ha sottolineato l’importanza del voto: “Il lupo è diventato infestante e pericoloso per allevatori e turisti. Questo declassamento permette di tutelare le nostre tradizioni, come il pascolo in alpeggio, e di evitare lo spopolamento delle valli alpine”.

Anche l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessandro Beduschi, ha espresso soddisfazione, annunciando un tavolo di confronto tra le Regioni per definire una strategia comune: “È fondamentale superare approcci ideologici e affrontare con pragmatismo un problema che penalizza gli allevatori. Il nuovo quadro normativo consente finalmente misure razionali per garantire una coesistenza equilibrata tra attività umane e fauna selvatica”.

Secondo Fini di Cia-Agricoltori, la strada intrapresa è corretta, ma resta da lavorare per garantire che la Convenzione venga ratificata da almeno 17 Paesi entro tre mesi, con l’obiettivo di rendere operativo il nuovo status del lupo a partire da marzo 2025.

Le sfide per il futuro

Il declassamento del lupo rappresenta un’opportunità per una gestione più equilibrata del predatore, ma comporta anche sfide significative. Da un lato, sarà necessario garantire la tutela della specie e della biodiversità, dall’altro bisognerà intervenire per prevenire danni rilevanti agli allevamenti e alle attività agricole.

La chiave, secondo esperti e istituzioni, sarà adottare un approccio bilanciato, che concili la sostenibilità ambientale con il supporto alle comunità rurali. Solo così si potrà garantire la sopravvivenza delle tradizioni locali e il valore economico e sociale delle aree interne, contribuendo a preservare il patrimonio culturale e naturale del territorio.

La decisione della Convenzione di Berna è solo l’inizio di un percorso che richiederà collaborazione a livello locale, nazionale ed europeo. La gestione del lupo non è più solo una questione ambientale, ma un tema che coinvolge direttamente le politiche agricole, economiche e sociali dell’Unione Europea.

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declassamento lupo Unione Europea
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