Quando ero bambino mi piaceva correre per le viuzze del centro storico con l’idea di far perdere le mie tracce a qualcuno. Certo, quell’antico cuore di Sondrio non è molto esteso, ben lontano dall’essere un vero labirinto urbano. Ma ci sono degli angoli, dei vicoli che lo rendono abbastanza ingarbugliato. Almeno per chi poco lo conosce.
C’è via Boffalora, per esempio. Si stacca dalla buia e stretta Parravicini e va a finire in via Dante. Il suo ultimo tratto è del tutto pedonale, un vero pertugio, che si infila in un basso arco sotto le case. Poi abbiamo il vicolo San Siro, che parte dall’Angelo Custode e si trasforma in una ripida, anche se non troppo lunga, scalinata diretta al Crap. L’ho sempre affrontata malvolentieri. Oggi, da buon vecchietto moderatamente salutista, me la faccio ogni tanto per allenare il fiato e tonificare i muscoli delle gambe.
La via Fracaiolo, decisamente fuorimano, si sgancia dal lungo Mallero, per tornare ad esso dopo avere brevemente serpeggiato tra vecchie case e un antico lavatoio.
All’inizio di via Cavallotti (praticamente un vicolo ma ricco di negozi) si apre una specie di portone. Quando ero piccolo, facevo fatica a considerarlo un passaggio pubblico. Eppure, lo è. Dà inizio al vicolo Meneghini, strettissimo e pedonale, che va a finire in via Dante. Corre in leggera discesa ed è molto caratteristico. A circa metà percorso c’è un vecchio bar che ho sempre associato ai bevitori di bianchino, ai giocatori di carte e ai fanatici del Totocalcio. Il vicolo Dusdei, un altro “affluente” della via Dante, indirizza il pedone verso la piazzetta dell’Angelo Custode.
Ma quello che mi ha sempre fatto più impressione è l’oscuro e tortuoso camminamento che unisce il lungo Mallero alla via Romegialli, dietro la biblioteca Credaro. Le volte che l’ho percorso (rigorosamente di giorno) non ho mai incontrato nessuno. E ciò lo rende piuttosto inquietante.
Tutte queste viuzze non sono a fondo cieco. Mettono in comunicazione qualcosa con qualcosa d’altro. Sono veri e propri luoghi, a misura d’uomo, dove la gente va e viene, s’incontra, si ferma a parlare.
Quando ero bambino, la vita che ferveva in questi vicoli aveva ancora qualcosa di contadino. A Natale si sentiva lo zampognaro, venuto da fuori. E non era raro che vi sostasse, ora qui ora là, un organetto di Barberia, gestito da un vecchio con una lunga barba giallognola.
Oggi non è più così, ma quelle stradine sono come le venuzze di un organismo pulsante.
Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica “Bozzetti sondriesi”.