Via Maurizio Quadrio è corta, stretta, praticamente pedonalizzata. Appartiene al centro storico e va da Piazza Quadrivio all’angusto incrocio con via Pelosi e via Parravicini.
Come altre strade della parte vecchia di Sondrio, anche questa si può considerare un vero e proprio luogo, dove la gente si incontra, sosta a chiacchierare, si siede ai tavolini dell’unico frequentato bar. Nella sua parte iniziale, separa il Palazzo Sassi dall’omonimo giardinetto; in quello terminale, fiancheggia la casa canonica della Collegiata.
Offre due negozi che risalgono almeno agli anni della mia fanciullezza: la formaggeria Da Silvano e la merceria Fabani. In quest’ultima si serviva mia madre per l’acquisto di bottoni, tendine per le finestre, elastici, pezze per le riparazioni con la macchina da cucire. Lei possedeva una Necchi che era già un pezzo da museo, ma che funzionava come un violino.
Quando passo per quella via, non posso non ricordare l’abitazione del mio amico Giacomo. Abitava all’ultimo piano di una vecchia casa un po’ rientrante, tra il bar e la merceria. Si era da poco sposato, quando era andato ad abitare in quell’appartamentino mansardato.
Era diventato un punto di ritrovo per il gruppetto di amici (oltre a me, Fabrizio e Valerio) appassionati di musica. Eravamo poco più che ventenni, uniti non solo da interessi culturali. Correva tra noi un vero rapporto di amicizia.
Ricordo una sera che rimanemmo in quella casa ben oltre la mezzanotte, discutendo e ascoltando le prime due sinfonie di Brahms. Poi facemmo una spaghettata alla carbonara e quando lasciammo finalmente soli i due sposini, alla torre Ligariana suonavano le tre. Un’altra sera facemmo il famoso gioco del bicchiere, quella pseudo seduta spiritica che molti conoscono. Mi sconvolse e non potrò più dimenticarla. Infatti, alle domande che rivolsi personalmente al bicchiere seguirono risposte che solo io potevo sapere. Se, dunque, erano i miei amici a muovere col dito il recipiente di vetro sul cartoncino pieno di lettere e numeri, voleva dire che qualcosa di misterioso stava comunque avvenendo in quel momento.
E misteriosa, insolitamente buia (piovigginava), mi parve la via Quadrio, uscendo da quella casa verso l’una. Salutai Valerio e Fabrizio, poi mi incamminai, stringendomi nel cappotto… non solo per il freddo.
Questo racconto è scritto da Giuseppe Novellino e fa parte della rubrica “Bozzetti sondriesi”.