Il genio e la creatività di Michele De Lucchi seducono Sondrio. È accaduto nel tardo pomeriggio di giovedì 12 dicembre in una sala “Fabio Besta” gremita e affascinata dalle parole di riflessione e visione del celebre architetto, designer e artista di fama internazionale, ospite dell’Ordine degli Architetti valtellinesi presieduto da Gianmatteo Romegialli. L’evento, intitolato “The Equation” (l’equazione), reso possibile grazie all’organizzazione dell’architetto sondriese Matteo Del Marco, collaboratore di De Lucchi, e di Alfredo Vanotti dell’Ordine valtellinese, è stata l’occasione per ripercorrere la carriera del progettista in un racconto avvincente, dove architettura, design e filosofia si sono intrecciate in un dialogo capace di toccare temi cruciali per il nostro tempo.
A introdurre De Lucchi ci ha pensato il morbegnese Carlo Ezechieli, direttore scientifico della rivista di architettura IoArch.”Le opere di Michele De Lucchi fanno parte della vita di tutti i giorni, nelle quali siamo veramente immersi. Dalla lampada più venduta di sempre, la celebre ‘Tolomeo’, agli allestimenti nuovi, freschi e brillanti, delle poste italiane, fino ai contatori Enel che tutti abbiamo in casa. Senza dimenticare che anche il design del primo Iphone, progettato da Jony Ive, ha tratto ispirazione dal lavoro di De Lucchi. E poi per chi non lo sapesse anche il Teatro Franco Parenti di Milano è opera sua”, ha raccontato con entusiasmo.
Partendo proprio dalla sua equazione, A = EI(q) (dove, in soldoni, ‘architettura equivale alla moltiplicazione tra installazioni nell’ambiente ed interazioni umane), De Lucchi ha spiegato alla platea, perlopiù composta da colleghi, la sua visione di architettura, fortemente basata sull’accettazione della mutevolezza e sulla finitezza del mondo. “L’architettura deve adattarsi al cambiamento,” ha dichiarato, “perché nulla è statico: nemmeno ciò che pensiamo eterno”. La riflessione ha sottolineato l’importanza di riutilizzare e riadattare ciò che già esiste, progettando con consapevolezza e rispetto per le risorse finite del pianeta.
Cogliere lo Zeitgeist
Coinvolgente è stata la riflessione sullo Zeitgeist, lo “spirito del tempo”, che De Lucchi ha definito come un “fantasma” che attraversa epoche e società, plasmando idee, culture e stili di vita. “Ogni decennio ha il suo Zeitgeist, una voce invisibile che ci guida e ci influenza,” ha spiegato, ripercorrendo i momenti chiave della sua carriera. Negli anni ’70, la Radical Architecture lo ha spinto a interrogarsi sul ruolo sociale dell’architetto, sull’impatto delle sue creazioni nel modellare comportamenti e relazioni. Gli anni ’80 hanno visto esplodere il Movimento Memphis, con il suo linguaggio irriverente e audace, capace di rompere gli schemi del design convenzionale. Dagli anni ’90 in poi, il minimalismo e il ritorno all’artigianato hanno riportato l’attenzione alla sostenibilità e al valore umano del fare. Nei primi anni 2000, De Lucchi ha scelto di concentrarsi sulla creazione di modelli concettuali manuali, un approccio che si opponeva alla crescente digitalizzazione della progettazione. Infine, nel decennio successivo, con l’avvio di AMDL CIRCLE, ha abbracciato la collaborazione interdisciplinare, integrando competenze di antropologia, psicologia e storia per una visione progettuale più ampia e consapevole.
La forza della narrazione
La narrazione è stata un altro tema centrale del discorso. Per De Lucchi, raccontare una storia non è solo un modo per dare senso al progetto, ma anche per renderlo vivo, tangibile e condivisibile. Ha citato come esempio il Ponte della Pace di Tbilisi, un’opera nata da un’idea di pace che, grazie al potere della narrazione, si è trasformata in un simbolo iconico. Ogni progetto, ha spiegato, è un atto narrativo che mette in relazione l’uomo con l’ambiente, costruendo un nuovo equilibrio tra bellezza e funzionalità. Guardando al futuro, De Lucchi ha descritto la sua visione per un’architettura capace di rispondere alle sfide contemporanee, dove gli spazi diventano luoghi di interazione, gli edifici sono realizzati con materiali locali e tecniche artigianali per promuovere la sostenibilità, e i luoghi educativi si trasformano in centri dinamici, pensati per adattarsi alle esigenze del mondo moderno. Emblematico il messaggio rivolto ai suoi collaboratori apposto dall’archistar nell’ascensore del suo studio: “Non date ai clienti quello che chiedono, ma quello che non hanno mai osato sognare”.